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IL GAZZETTINO di VENEZIA


La Provincia "smonta" la muraglia di Marghera

   
Uno studio idrogeologico dimostra che il progetto del costo di un miliardo non isolerebbe l’inquinamento


Giovedì 12 Febbraio 2009,

Quel che si credeva era completamente sbagliato. Si pensava che sotto Mestre e sotto l ’area industriale ci fossero delle grandi falde acquifere, a profondità ben precise e costanti, parallele tra di loro, separate da strati impermeabili e da riporti contaminati da ogni tipo di veleno scaricato dalle industrie. Si pensava che non ci fosse soluzione di continuità tra di loro e che l ’acqua, scendendo a valle dalle montagne, le attraversasse finendo poi in laguna. 

Invece qui sotto è tutto un gran disordine, nell’ordine naturale. 
E la prima cosa che viene in mente, in proposito, è il progetto di chiudere il cerchio attorno all’area inquinata della zona industriale con una grande muraglia, pensando di isolare così i veleni sotterrati e di impedire alle falde acquifere di inquinarsi; il secondo pensiero corre agli allagamenti di intere parti della città, sempre più frequenti negli ultimi anni.

«Allungare la "grande muraglia" di un’altra quarantina di chilometri costerebbe più o meno altri mille milioni di euro, con scarsissimi risultati, ma con il rischio di creare una barriera allo scorrere delle falde verso la laguna e quindi di far innalzare pericolosamente il livello dell’acqua
- spiega l’assessore provinciale all’Ambiente, Ezio Da Villa - Il nostro studio dimostra tutto questo e ci illumina anche sulla soluzione migliore e infinitamente meno costosa che potrebbe essere, ad esempio, una serie di pozzi che intercetterebbero le acque prima dell’arrivo nella zona inquinata».
      Ci sono voluti due anni, ma alla fine lo studio idrogeologico è stato completato e dimostra che quasi niente di quel che si pensava è presente nella realtà del nostro sottosuolo. 
Ci sono, è vero, delle grandi falde acquifere, ma non sono parallele tra di loro, sono a diverse profondità e con diversi strati impermeabili, oppure senza alcun strato impermeabile. Ci sono sostanzialmente quattro grandi
corpi acquosi, partendo da Nord e scendendo fino a Fusina: il primo parte da viale San Marco e scende più o meno fino all’isola portuale, non è coperto da strati impermeabili e, in alcuni tratti, arriva quasi in superficie, mentre il suo spessore varia tra i 15 e i 20 metri ; più a Sud, tra il Canale Ovest e il canale industriale Sud c’è una fascia molto impermeabile che copre il primo strato acquoso; alla fine si arriva alla zona di Fusina dove due corsi antichi del fiume Brenta hanno accumulato una quantità enorme di sabbie che nella parte più a Sud sono abbastanza superficiali, mentre all’altezza della penisola della chimica sono coperte da un tappo di argilla impermeabile. 

È molto interessante osservare le piantine, i rilievi tridimensionali realizzati da Valentina Bassan, responsabile del Servizio geologico provinciale, assieme al geologo Luca Basso (mentre il responsabile scientifico del progetto è Pietro Zangheri dell’Università di Padova): con il loro aiuto si riesce a penetrare in un mondo che sta sotto ai nostri piedi e che è tutt’altro che immobile.
      Ma al di là del fascino che suscitano queste ricerche, è quel che se ne ricava ad essere decisamente importante. La storia dell’industria veneziana ha lasciato orme profonde nel sottosuolo: in alcune zone, da via Fratelli Bandiera verso Sud Est, ci sono dei terreni che sono più alti del piano campagna anche di 6 metri
Porto Marghera, del resto, è stata costruita così: man mano che servivano terreni, si imbonivano pezzi di laguna con terra e soprattutto con scarti inquinati delle produzioni industriali. L’acqua delle falde passava, si sporcava con quei veleni e finiva in laguna.
  
      «È per questo che è stata decisa la prima grande opera di messa in sicurezza di emergenza con i marginamenti, la famosa "grande muraglia", che isolano la zona industriale dai canali e quindi dalla laguna - spiega l ’assessore provinciale all’Ambiente, Ezio Da Villa , che ha fatto eseguire lo studio grazie al finanziamento della Regione, tramite la Direzione Progetto Venezia -: il magistrato alle Acque ha affidato l’incarico al
Consorzio Venezia Nuova che ha già realizzato 37 chilometri dei 45 complessivi, spendendo 769 milioni. Alla fine il costo sarà di 938 milioni di euro, un altro Passante, ma in acqua, o se si preferisce un quarto del Mose».
      L’idea di allungare questa muraglia di altri 40 chilometri e chiudere il cerchio attorno alla zona industriale, trasformandola in un gigantesco sarcofago, gira da un pezzo nelle stanze delle istituzioni e della politica, e sarebbe vista di buon occhio anche dalle imprese di Marghera che, così, potrebbero evitare di bonificare i terreni (fino ad oggi dei 229 siti inquinati solo 18 sono stati bonificati, e appena 2 di questi 18 sono stati certificati e quindi possono essere riutilizzati). 

«In primo luogo, dato che le falde hanno profondità molto diverse, e superano in molti punti i 20 metri , sarebbe impossibile fare marginamenti tanto profondi, così le acque continuerebbero a penetrare nella zona industriale inquinata - spiega ancora Da Villa -. Poi lo studio ha evidenziato che il movimento delle falde è lentissimo perché la pendenza è molto lieve: una particella, in un anno, compie dai 7 ai 21 metri di percorso. Per farsi un’idea l’acquifero tra il Brenta e il Piave muove 11 mila e 600 litri di acqua al secondo; nella prima zona industriale, invece, sono 2,8 litri al secondo».
      Elisio Trevisan

 

                                                                                                                             byRevi 12.2.09