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Domenica, 30 Luglio 2000
I dettagli dell’operazione dei Nas di Treviso col pm veneziano Luca Ramacci aggravano la posizione dei trenta indagati tra cui vi sono anche i responsabili di due centri di depurazione accusati del commercio di sostanze alimentari nocive
Vongole inquinate, affare miliardario
Sono centinaia le tonnellate di molluschi immesse nel mercato al dettaglio senza alcun controllo sanitario
Treviso

Una trentina di indagati, 150 quintali di vongole sequestrati in flagranza, ma soprattutto centinaia di tonnellate di molluschi immesse sul mercato senza alcun controllo - nè sulle quantità nè sulla qualità - da parte delle autorità sanitarie.

I dettagli dell'operazione compiuta all'alba di venerdì dai carabinieri dei Nas di Treviso, agli ordini del pm Luca Ramacci, rendono ancor più grave la situazione, che coinvolge - oltre a otto pescatori professionali ed un abusivo, indagati di associazione per delinquere - anche due centri di depurazione e commercializzazione dei molluschi, a carico dei cui responsabili è scattata la denuncia con la grave accusa di commercio di sostanze alimentari nocive alla salute. Un reato punito con la reclusione fino a tre anni.

I militari, nella conferenza stampa di ieri, hanno ricordato l'origine dell'inchiesta, scattata alcuni mesi fa - lo scorso gennaio - in seguito al furto di un timbro del settore veterinario dell'Ulss 14 di Chioggia. Un timbro necessario al conferimento dei molluschi ai centri di depurazione.

Per mezzo del sigillo rubato, e successivamente - dopo che su consiglio dei militari dei Nas l'Ulss ne aveva cambiato la forma - grazie alla falsificazione di quello nuovo, i pescatori indagati avrebbero dunque conferito il pescato direttamente a questi centri, senza passare attraverso il controllo del servizio veterinario dell'unità sanitaria. Tale stratagemma, sembra di capire, avrebbe consentito di aggirare il limite imposto dal regolamento provinciale di 80 chili di vongole al giorno per ogni pescatore con licenza. Ma non è tutto, perchè successivamente, una volta giunti in almeno due centri di depurazione "compiacenti", i molluschi non sarebbero stati sottoposti a nessun trattamento o controllo, finendo nei sacchettini che poi si acquistano regolarmente nelle pescherie e nei negozi, laddove sia i dettaglianti che i clienti sono ignari dell'effettiva provenienza del prodotto.

Perchè il problema, lasciano intuire gli investigatori, è proprio questo: capire dove sono state pescate le centinaia, forse migliaia di tonnellate che l'organizzazione avrebbe immesso nel mercato in questo modo. Il sospetto, e forse qualche cosa di più, è che buona parte di quei molluschi provenga dalle acque e dai fanghi inquinati di Porto Marghera.

Anche perchè non è pensabile che gli otto pescatori indagati possano avere tirato su da soli quantitativi di questo tipo. Ecco allora l'ipotesi che in realtà abbiano avuto anche un ruolo di "collettori", per consentire anche alle vongole pescate dagli abusivi di essere vendute regolarmente. La considerazione che proprio la laguna antistante a Porto Marghera è quella preferita dai caparozzolanti abusivi chiude il quadro, e lascia interrogativi drammatici sulla qualità delle vongole che si comprano come "buone" e "controllate". Gli abusivi, secondo l'ultimo studio della Provincia, sono 1250, con circa 600 barchini.

Gli otto pescatori finiti sotto inchiesta, infatti, da soliti coprono una fetta importante della produzione chioggiotta di vongole veraci, sembra che circa il 20 per cento del prodotto di tutto il mercato provenga solo da loro. Sono ora tutti accusati di associazione per delinquere, finalizzata a far apparire come compiute le necessarie verifiche sanitarie, oltre che di ricettazione. Indagati anche i responsabili di due tipografie, una di Chioggia e l'altra di Chirignago, quest'ultima per avere realizzato i cliché dei timbri falsi.

Giovanni Chiades

 

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