CIRCOLO VELICO CASANOVA

P.ta San Giuliano - Mestre Venezia

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Venezia, sabato 26 febbraio 2000,
 

San Giuliano, un modello da sequestrare
Il cantiere bloccato dai sospetti della magistratura
E l'esperto del gip sottolinea: «E' un esempio per l'Italia»
A confronto i documenti dell'inchiesta

Claudia Fornasier

MESTRE. I 69 ettari del parco di San Giuliano sono una distesa verde. La selva è altissima, ma non è un buon segno: l'erba continua a crescere indisturbata, nell'attesa. Attesa di sapere come proseguirà l'appalto quando, finiti i rilievi, Comune e impresa Ferrovial, cominceranno a trattare. E attesa di sapere come proseguirà l'inchiesta giudiziaria. Nonostante il perito Gianluca Galli, nominato dal gip per sapere se a San Giuliano si lavorava per bonificare o si inquinava, abbia consegnato una relazione assolutamente favorevole al lavoro in corso, da due mesi non c'è alcuna novità. Il tempo concesso per le indagini è scaduto alla fine di ottobre, quando si è concluso l'incidente probatorio, cioè il lavoro del perito. I termini per le indagini, in realtà, erano scaduti prima ma gli avvocati stessi della difesa avevano chiesto al gip una proroga, perchè la perizia non avesse intoppi. Nei giorni del dissequestro del cantiere, a metà dicembre, il pm Luca Ramacci ha chiesto al gip altri sei mesi per le indagini. Ma l'avvocato della Ferrovial, Alessandro Rampinelli, si è opposto, affermando che quella richiesta doveva essere presentata prima della scadenza.
L'inchiesta è ferma a questo punto. Ma è soprattutto ferma alle conclusioni di Gianluca Galli, dottore agronomo e forestale, dell'Ordine di Firenze, perito «super partes» tra accusa e difesa, per il quale «esecuzioni ineccepibili come la realizzazione del parco di San Giuliano» possono dare «positivo esempio a tutto il Paese». Le sette pagine finali delle centocinquanta che compongono la relazione sono un continuo apprezzamento della regolarità del lavoro svolto nel cantiere. Leggendo la relazione appare incomprensibile la situazione in cui si trova il parco e l'inchiesta.

«Quella discarica? E' come
la tovaglietta delle osterie»
Nella sua relazione il perito scrive che la messa in sicurezza dell'area inquinata è stata fatta a regola d'arte e secondo legge

Insomma, se su migliaia di tonnellate di materiale riciclato usato a San Giuliano, si trovano pezzi di vetro, di plastica, tondini di ferro, si può parlare di discarica?
Gran parte della battaglia legale si svolge sulla valutazione di quei pezzetti colorati della carta, cioè i detriti trovati in cantiere.
Galli non è il perito della difesa o dell'accusa, nominato dal gip è al di sopra delle parti. La sua relazione fa sembrare incredibile che un lavoro così, sia in corso a Mestre, città più famosa per gli scempi che per gli interventi d'esempio a tutto il Paese, come scrive l'esperto.
Il gip ha chiesto al perito di verificare se nell'area del parco sono stati usati rifiuti delle demolizioni, senza che venissero prima trattati. Galli ha risposto che nell'area non «sussistono materiali classificabili come rifiuti, se non quelli preesistenti alla data di consegna dei lavori» e che tutti i materiali delle demolizioni usati, sono stati trattati prima in modo corretto. «La correttezza delle procedure amministrative e la rispondenza alla normativa è ampiamente dimostrata», scrive il perito, «la ditta esecutrice e la direzione lavori hanno sempre eseguito le prescrizioni impartite dal progetto con la massima fedeltà e applicando semmai dei correttivi migliorativi sul piano tecnico e economico». Ma perchè si indaga sui lavori a San Giuliano?

L'inchiesta

A far partire l'inchiesta è un vigile urbano, Roberto Filippini, avvicinato da un operatore del settore demolizioni che lo informa di quel via vai di camion, pieni di detriti. «Detto operatore...lamentava il fatto», dichiara il vigile, «che presso l'impianto di frantumazione della propria ditta si era avuto un clamoroso calo di attività». Questioni di concorrenza, insomma. I vigili cominciano a tenere sotto controllo i camion che vanno al parco, cosa portano e dove scaricano. Tutti gli autotrasportatori, interrogati, dichiarano la stessa cosa: trasportano detriti delle demolizioni e li scaricano in varie zone del parco. Ai cancelli arriva anche un camion di lapidi dal cimitero, dell'Amav. I vigili girano dei video: automezzi pieni di rovinassi, detriti accumulati nel parco, calcestruzzi, tubi di plastica, ferro. Il pm Ramacci chiede il sequestro del parco. «Preme ricordare», scrive il perito, «che il conferimento di materiale di risulta proveniente da altri cantieri edili o stradali, non deve essere considerato un fatto anomalo, infatti il capitolato d'appalto prevedeva specificatamente l'utilizzo di materiale proveniente da demolizioni». Gli stessi vigili raccolgono dichiarazioni sul fatto che il camion di lapidi non è mai entrato nel parco e che quel carico è stato portato in una discarica.
Un giorno la telecamera dei vigili resta accesa, si sente l'operatore che dice: «Bene, bene, qua chiudiamo tutto». Il perito scrive che i vigili hanno ripreso solo una zona del parco, dove erano già cominciati gli scavi nell'ex discarica e che, materiali e blocchi accumulati, sono quelli tirati fuori da sottoterra. Scrive anche che i vigili non sono mai riusciti a riprendere i camion che entrano e scaricano. «I commenti audio fuori campo degli operatori», si legge, «potrebbero far pensare a un approccio non esattamente imparziale degli stessi». A parte video e testimonianze, a convincere il gip Monica Gaggelli che il sequestro va fatto, è anche un semplice conto.

I conti

L'enorme differenza tra la quantità di detriti scaricati a San Giuliano e il numero di frantumazioni fatte dall'impianto dentro il cantiere - si legge nell'ordinanza - rende evidente che gran parte del materiale non è stato trattato, ma abbandonato selvaggiamente. I vigili che hanno raccolto dati e documenti lo hanno fatto, però, solo a San Giuliano, mentre i due terzi del materiale per il parco - come segnala il perito che ha fatto a Murano un controllo a sorpresa - arrivano da Sacca San Mattia, dove esiste un altro impianto di frantumazione.


Le analisi del pm

Il perito ha lavorato con i consulenti del pm e della difesa, ma il pm Ramacci ha fatto fare, in seguito, altri prelievi e altre analisi proprie. Sono venticinque i prelievi lungo il canale scolmatore, nella collina dei veleni, nelle tracce di strade e vialetti futuri. I risultati dicono che si trovano blocchi di calcestruzzo e cemento armato in varie zone, mattoni, legno, plastica, pezzi di muro con le piastrelle ancora attaccate. Una delle zone dove i ritrovamenti sono più evidenti sono le rive del canale scolmatore. Ma quella zona, sostiene la difesa, è competenza di un progetto del Magistrato alle acque, perfino al di fuori della recinzione del cantiere. I periti del pm hanno analizzato, tra le altre cose, un campione di un metro quadro di terra prelevato nella collinetta e hanno trovato l'11 per cento di materiale non idoneo, tra cui pvc, gomma, legno. «L'utilizzo di materiale riciclato», scrive il perito Galli nelle conclusioni, «comporta necessariamente l'accettazione di uno standard qualitativo differente da quello delle materie vergini. La legislazione non indica valori limite alla presenza di elementi indesiderati nei materiali inerti da riciclaggio».
La famosa tovaglietta dell'osteria, insomma.


IL PARTICOLARE
Le lapidi del cimitero di Mestre
non hanno varcato i cancelli


Tra i sette indagati nell'inchiesta per il parco di San Giuliano, c'è anche Vittorio Salvagno, in qualità di direttore dell'Amav perchè ha fatto stoccare rifiuti cimiteriali a San Giuliano senza autorizzazioni, iscrizioni e comunicazioni. L'episodio che fa entrare l'Amav nell'inchiesta è l'arrivo ai cancelli del parco di un camion proveniente dal cimitero di Mestre. Nelle relazioni dei vigili urbani, però, c'è la dichiarazione di Valerio Dittadi, rappresentante della Idea, la ditta di autotrasporti, il quale afferma di aver portato il carico al parco, alla Tecnoecology, che si era rifiutata di riceverlo perchè non esisteva alcun accordo. Lo stesso autotrasportatore dichiara di aver scaricato il materiale nella ditta Veneta mineraria di Mira. Secondo la ricostruzione del perito, Amav e Tecnoecology si erano accordate per scaricare il materiale a San Giuliano, purchè munito di idonea documentazione. Al primo trasporto il camion fu bloccato e rifiutato perchè il materiale fu ritenuto «sporco». Tutti i trenta trasporti dal cimitero, come risulta dai documenti sull'identificazione dei rifiuti, sono arrivati alla Veneta mineraria.

Antonio
 Di Mambro

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